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UNA HOSTESS SI È AVVICINATA A ME E MI HA DETTO: “RESTI DOPO L’ATTERRAGGIO, IL PILOTA VUOLE PARLARE CON TE DI PERSONA”

Durante un volo apparentemente normale, ero già stressato all’idea di perdere la coincidenza. Stavo per finire il mio caffè quando una hostess si è avvicinata al mio posto con un’espressione seria.

HOSTESS: «Mi scusi, ha fretta dopo l’atterraggio?»

IO: «Sì, ho una coincidenza da prendere e sono già in ritardo.»

HOSTESS: «Beh, il pilota desidera parlare con lei dopo l’atterraggio.»

IO: «Il pilota? Perché? Non può dirmelo ora?»

HOSTESS: «Temo di no. Vuole dirtelo di persona. So che hai fretta, ma fidati di me: vorrai ascoltare quello che ha da dirti. Te ne pentiresti se non lo facessi.»

Incuriosito e un po’ nervoso, decisi di restare a bordo dopo l’atterraggio. Mentre gli altri passeggeri scendevano uno a uno, rimasi seduto, con il cuore che batteva forte.

Pochi minuti dopo, il pilota apparve all’ingresso della cabina passeggeri.

Feci cadere lo zaino e la giacca.

Era mio fratello maggiore, Matteo.

Era scomparso da oltre quindici anni. Dopo essere entrato nell’esercito, aveva tagliato i ponti con la famiglia. Avevamo ricevuto solo una lettera, in cui ci diceva che stava bene, ma che non poteva restare in contatto.

«Ciao, fratellino», disse con un sorriso tremante e gli occhi lucidi. «Credo sia ora di tornare a casa.»

Mi alzai di scatto, tra lacrime e sorrisi, e lo abbracciai forte. Lì, nel mezzo del corridoio dell’aereo, sotto gli occhi commossi dell’equipaggio, ritrovai una parte del mio cuore che pensavo di aver perso per sempre.

La coincidenza non aveva più importanza.

Quello che contava davvero era quel momento.

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